Sta aspettando Christina, una ragazza tedesca, sua compagna di lavoro.
Christina arriva con un gilè e una minigonna in pelle nera, è tatuata ovunque, sembra un fumetto da sfogliare. Io mi allontano per delicatezza. Mentre loro parlano in tedesco, osservo i movimenti graziosi della ragazza. Christina è disinvolta, si sistema i capelli con abilità, forse faceva la parrucchiera, o la modella. È bella, ha un fisico atletico, sembra scolpito da Donatello. Sulla spalla ha un tatuaggio di una donna che corre.
Avrei voglia di avvicinarmi alla ragazza ma mi manca il coraggio, ho una esitazione, una vocina dentro di me mi dice di aspettare. Aspetto, guardo il telefonino, mi allontano e decido di lasciar perdere. Ma poi prevale la curiosità. Ho voglia di scoprire se l’amica di Andreas è una maratoneta.
Aspetto, cercando di cogliere qualche dettaglio in più. Il mio comportamento potrebbe irritare Andreas? Prendo l’iniziativa e piano piano mi avvicino. Le chiedo se è un’atleta, ma Andreas mi dà una spinta sul petto, mi fa indietreggiare e quasi perdo l’equilibrio. Cerco di spiegarmi senza reagire alla provocazione, ma lui è fuori di sé, mi avverte di non avvicinarmi, sembra geloso. Christina, nonostante il nervosismo di Andreas, è serena e composta, sembra sia abituata a scene del genere. Mi rassicura dicendomi che Andreas ha avuto una giornata difficile al lavoro, di portare pazienza.
Cerco di essere comprensivo. Mi immagino dentro una scena di un film « è autunno, un viale alberato pieno di foglie colorate, rosse, gialle, un verde appassito, e due persone che camminano su questo tappeto morbido parlando tranquillamente del passato e del futuro ». Ma questo è il mio film, la realtà è diversa.
Andreas, con voce metallica e il suo forte accento tedesco, mi avverte un’altra volta di non avvicinarmi a Christina, di stare alla larga anche da lui, mi dice «fatti gli affari tuoi. Sono stufo dei tuoi consigli su come si corre, di tutti questi discorsi sugli allenamenti programmati! Chi credi di essere?»
«Bravo! Continua così! Continua pure a ingozzarti di birra, è un ottimo integratore. Una pozione magica, come quella di Obelix» gli dico alterato. Decido: da domani ognuno si allenerà per conto proprio.
Andreas tira fuori una sigaretta dal marsupio, con il pollice e l’indice se la porta alla bocca, la accende, aspira quel veleno con tale forza che le due guance si toccano come i lati di un sacchetto sottovuoto. Un vizio intollerabile per un atleta che vuole vincere la Maratonina, ma la sigaretta continua a consumarsi con vigore, la brace è sempre più incandescente, il fumo ci separa come un’inferriata.
Vado verso la cassa per pagare il conto. Dagli sguardi degli avventori…
un racconto di Sergio Rosolen