Mi sto avvicinando al fiume, le mie gambe hanno percorso parecchi chilometri e Fido sembra stanco, mi guarda come dire “andiamo a casa”. A un certo punto fa uno scatto e insegue un pallone che attraversa la strada, scavalca l’argine e va verso il fiume. A rincorrere la sfera, un ragazzo con una tuta nera a strisce bianche, ai piedi dei mocassini di cuoio. Osservo meravigliato l’agilità con cui si muove.
I pantaloni della tuta sembrano corti, si vedono le caviglie sottili coperte da calzini bianchi che riflettono la luce dei lampioni, le scarpe dalle suole di corame fanno un rumore acuto, secco. Mi avvicino al ragazzo e mi presento: «Buona sera mi chiamo Tony, complimenti per l’eleganza della corsa». Fido annusa le scarpe di cuoio del ragazzo. «Buona sera, il mio nome è Andreas, il campo di calcetto è vicino al fiume e il pallone spesso dobbiamo rincorrerlo sperando che non finisca in acqua». «La prossima volta che giocate vi vengo a vedere, passo spesso di qua di corsa». «Ok, giochiamo giovedì sera alle 8, l’aspetto, arrivederci» dice Andreas tornando al campetto.
È giovedì sera, riduco l’allenamento così posso assistere alla partita di Andreas. Il pallone dentro al campetto gira come una biglia di acciaio dentro a un flipper, mi diverte vedere la palla formare delle linee rette, oblique, e verticali. Provo a immaginare il campo con dei giocatori invisibili, e la palla che va da una parte all’altra senza una logica, ma i calciatori ci sono e sono vestiti con delle tute di vari colori, non hanno la divisa. Si divertono e la precisione dei passaggi rende la partita piacevole.
Andreas è riconoscibile all’istante, tuta nera a fasce bianche, ma soprattutto per il suo modo di correre…
un racconto di Sergio Rosolen